Brick training: 4 (+1) cose che devi assolutamente sapere

Brick training: 4 (+1) cose che devi assolutamente sapere

04 Aprile, 2023

3. La durata

In generale la durata di un allenamento di questo tipo dipende dal livello e dall’esperienza dell’atleta e soprattutto dalla tipologia di gara che sta preparando. Idealmente, un principiante dovrebbe partire prima di tutto dalla parte tecnica, ossia dalle transizioni. Pensare di eseguire correttamente la “T1” e la “T2” in uno stato di acidosi metabolica per un atleta neofita è quasi impossibile, perciò bisogna iniziare dalle basi. Una volta presa confidenza con le varie fasi delle transizioni, si può cominciare a inserire la parte metabolica. 

Ad ogni modo è necessario aumentare gradualmente la durata del “brick”, perché se ci si vuole allenare vicino al proprio ritmo gara ideale, uno sforzo troppo intenso e prolungato non permetterebbe l’adattamento necessario a un passaggio fluido tra le varie discipline. 

Per esempio, per una distanza olimpica si potrebbe partire con 30 minuti di ciclismo per poi correre 15’, il tutto a un ritmo costante. Nel giro di un mese si potrà arrivare a raddoppiare la durata mantenendo lo stesso ritmo, oppure si potrà dimezzare la distanza ripetendo più volte la sessione a un’intensità maggiore e, perché no, inserendo anche parti tecniche con rilanci, giri di boa e curve a 90°.

4. L’intensità 

L’intensità, come già accennato sopra, dipende dall’esperienza dell’atleta e dalla tipologia di gara che andrà ad affrontare. Per chi per esempio prepara competizioni di “long distance” sarà fondamentale tenere durante il “brick” il passo gara il più a lungo possibile, in modo da poter testare la tenuta mentale e fisica sia i materiali e l’integrazione gara. 

Su atleti invece di gare “short distance” l’intensità la fa da padrona, ma attenzione perché se si è neofiti della disciplina, bisognerà focalizzarsi più sull’incremento della distanza gara piuttosto che sull’intensità. La specificità, la guidabilità del mezzo e la capacità di tollerare acido lattico si acquisiscono nel tempo, perciò è meglio dedicare la prima stagione, come già ricordato, alle transizioni e alla tenuta dell’intera distanza di gara. Ci preoccuperemo in un secondo momento di come aumentare la velocità, prima è necessario creare determinati adattamenti fisiologici che consentano il cambio da una disciplina all’altra nella maniera più fluida possibile. 

L’obiettivo quindi è quello di simulare in maniera fedele le condizioni che l’atleta ritroverà in gara, cosa non semplice da riprodurre soprattutto nel periodo invernale, ma necessaria per evitare di trovarsi ottimi nuotatori, ciclisti e podisti, ma pessimi triatleti.

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