Stretching, il metodo statico passivo

Stretching, il metodo statico passivo

07 Dicembre, 2020

Abbiamo recentemente introdotto il metodo di stretching dinamico attivo, con i suoi pro e i suoi contro. In questa occasione ci concentreremo sul metodo statico passivo

Mobilità ed elasticità favoriscono la performance in tutte e tre le discipline che compongono il triathlon. Ecco perché non va mai trascurato nella preparazione, soprattutto nel caso dei neofiti: torna a parlarci di stretching Matteo Merati, che ci ricorda come grazie a Bon Anderson, negli anni ’80, il metodo statico passivo spinse tanti studiosi a riflettere su questa capacità motoria fondamentale, così poco amata nel mondo dello sport a eccezione, naturalmente, delle discipline dove rappresentava la base indispensabile per poter gareggiare (ginnastica artistica e ritmica, pattinaggio di figura, tuffi, danza, etc.).

Relazione col triathlon

Ecco alcune osservazioni:

  • nuoto: è la frazione nella quale la parte superiore del tronco la fa da padrona e questo richiede una buona mobilità a livello di spalle e una parallela, importante disponibilità motoria a livello cervicale, sia per la respirazione (che, come si sa, non avviene sempre di lato, come quando ci si allena nella propria corsia in piscina) sia per motivi di traiettoria, quando si gareggia in acque libere;
  • ciclismo: qui sono interessanti gli arti inferiori, perché dovendo ripetere il gesto della pedalata per migliaia di volte, se questa non è fluida, sciolta e ampia grazie a un corretto angolo di lavoro, il rendimento non potrà che essere limitato e poco redditizio;
  • corsa: da sempre il mondo dell’atletica leggera sa che lo stretching è parte integrante delle prestazioni, quindi non si può prescindere da una presenza massiccia di questo tipo di prestazioni. 

Queste osservazioni ci portano a capire perché la componete stretching non possa essere accantonata all’interno di una buona programmazione, soprattutto nel caso dei neofiti: dobbiamo mantenere il buon livello di elasticità raggiunto nei distretti corporei che già ne dispongono e migliorare in quelli che fino a ora erano stati ben poco stimolati.

L’esecuzione

Il metodo statico passivo è caratterizzato dal mantenimento di posizioni ove la muscolatura subisca un allungamento e le articolazioni arrivino fino al limite del loro ROM (range of motion, nda) per tempi che vanno dai 20” fino ai 40” (a seconda delle teorie); non prevede spinte, molleggi o insistenze, ma lo sfruttamento della forza di gravità o di altre forze necessarie al raggiungimento delle posizioni. È bene che parta da un’estremità del corpo (piedi o capo) per arrivare a quella opposta lavorando su muscoli adiacenti; dovrebbe essere praticato nel tardo pomeriggio, in assenza di freddo, per 20 o 30’ di fila e, possibilmente, non a stretto contatto con altri tipi di allenamento. Questa metodologia, molto vicina ad alcune tecniche di rilassamento, è bene che non faccia parte del riscaldamento (per il quale, invece, è bene inserire lo stretching dinamico attivo) ma del defaticamento o del relax post fatica.

In pratica

Ogni posizione va mantenuta per qualche decina di secondi senza sentire dolore, ma una tensione muscolare sopportabile. Quindi, ci si ferma per qualche istante e poi o si ripete la stessa posizione o si cambia esercizio. Mai trattenere il fiato durante l’esecuzione, ma mantenere il ritmo respiratorio normale o, in caso di difficoltà causata dalla posizione insolita, espirare lentamente per tutta la durata dell’esercizio.
Ecco le principali esecuzioni consigliate:

  • arti inferiori: stazione eretta, avampiede in appoggio su un rialzo e tallone a terra. Variante 1: ginocchio piegato. Variante 2: ginocchio esteso. Due ripetizioni per lato;
  • arti inferiori e dorso: stazione eretta, gambe divaricate. Flessione del tronco in avanti senza forzare ma alla ricerca del massimo rilassamento. Ripetere l’esercizio tre volte;
  • anca e dorso: seduti con le gambe incrociate. Flettere il tronco cercando di appoggiare i gomiti e le mani al suolo. Ripetere l’esercizio tre volte;
  • dorso e spalle: in ginocchio con le braccia tese avanti e le mani appoggiate a terra in modo che arti superiori e tronco siano in linea. Ripetere l’esercizio tre volte;
  • spalle: stazione eretta con le mani unite dietro la schiena. Alzare il più possibile le mani e rimanere nella posizione di arrivo. Ripetere l’esercizio tre volte.

Foto di Ben Kerckx da Pixabay. 

Articoli correlati