Elisabetta Curridori, un sogno iridato all’orizzonte

Elisabetta Curridori, un sogno iridato all’orizzonte

08 Marzo, 2021

Il Challenge Daytona PTO Championship la posiziona ai vertici mondiali della specialità. Ed è solo l’inizio, perché Elisabetta Curridori è una ragazza dalle idee chiare per il futuro, che punta all’Ironman World Championship. La intervista Fabio d’Annunzio sul numero di marzo

Dalle asperità del cross all’asfalto filante del circuito automobilistico di Daytona, gli obiettivi di Elisabetta Curridori continueranno a impegnarla sempre di più sulle lunghe distanze. Magari culminando con la soddisfazione della qualifica per il mondiale hawaiano e di un buon risultato. Questa volta, all’Ironman di Kona, perché all’XTerra di Maui, nel 2015, la versatile triatleta sarda ha già lasciato il segno. Su Triathlete in edicola, l’intervista a lei dedicata.

L’esordio nel triathlon

Elisabetta Curridori si racconta sul nuovo Triathlete e lo fa iniziando dal principio, quando «avevo 13 anni, e Villacidro, il mio paese, ospitava la prima edizione dell’XTerra Italy: quegli atleti che, sporchi di terra, tagliavano il traguardo con le ginocchia sbucciate, sarebbero ben presto diventati i miei eroi: decisi, infatti, che anche io sarei stata una triatleta. Rimasi talmente affascinata dall’XTerra che, dopo il periodo delle gare giovanili, mi dedicai al solo triathlon off road». Da lì all’11esimo posto al Mondiale XTerra a Maui (Hawaii) nel 2015 il passo è stato breve e si convinse che avrebbe potuto fare la professionista. Ha lasciato il cross e si è dedicata alle lunghe distanze su strada.

Cosa prevede il futuro

L’obiettivo di lungo termine più importante rimane il Mondiale Ironman a Kona, nelle Hawaii. Per il breve periodo, in aggiunta ad alcune gare Ironman per tentare la qualifica mondiale, Elisabetta racconta che inserirà nel suo calendario le competizioni PTO e aggiunge: «Ah, dimenticavo: mi piacerebbe anche vincere un Ironman».

La gara di Daytona

L’intervista prosegue, dunque, con il racconto di una giornata perfetta, quella del suo exploit nel circuito Nascar di Daytona, per la cui cronaca dettagliata vi rimandiamo a Triathlete di marzo.

Sardegna: bella e (im)possibile

A Fabio d’Annunzio racconta poi come il suo punto di vista riguardo l’origine insulare sia negli anni cambiato: «Quando ero ragazzina e muovevo i primi passi nel triathlon, vivevo l’aspetto geografico come un limite. Noi sardi, invece, siamo fortunati: non abbiamo bisogno di andare in training camp, grazie al clima sempre favorevole; inoltre, abbiamo il mare e la montagna, strade poco trafficate e paesaggi mozzafiato. Non esistono limiti, se non quelli che noi stessi ci poniamo». Aggiunge che tale prospettiva va condivisa tra i più giovani, che vanno supportati nel loro percorso di crescita: obiettivo al quale sta lavorando con la sua TriNuoro.

Le sue giornate

Sul numero in edicola potete poi leggere come mangia, si allena, si riposa e si svaga un’atleta del suo calibro.

Cosa manca al triathlon

Per concludere, il suo pensiero sulle potenzialità mediatiche del triathlon e, infine, il suo curriculum.

Foto: ITU.

Nota: Questo testo rappresenta una sintesi del servizio “Un sogno iridato all’orizzonte”, di Fabio d’Annunzio, pubblicato su Triathlete n. 268, marzo 2021 (in edicola a inizio marzo), alle pagine 12-16.

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