(Sergio Migliorini) Gli impatti della corsa, chilometro dopo chilometro, causano uno stress sulle articolazioni degli arti inferiori e particolarmente sul ginocchio. In almeno il 60% delle artroscopie di ginocchio si riscontrano lesioni della cartilagine e nel 20% dei casi queste sono di IV grado. Non tutte sono sintomatiche, tanto che molti triatleti riescono a correre senza problemi. Purtroppo in tanti casi, invece, i dolori e i problemi sono talmente seri che bisogna abbandonare la corsa. L’usura della cartilagine articolare conduce all’artrosi del ginocchio. Fortunatamente l’alternanza delle tre discipline del triathlon è il miglior approccio al consumo della cartilagine del ginocchio.
Cos’è la cartilagine del ginocchio
La cartilagine ha la funzione di sopportare i carichi statici, ciclici e ripetitivi che derivano dallo sport e dalla vita lavorativa e quotidiana. È formata da quattro strati: superficiale, intermedio, profondo e calcifico. L’acqua costituisce l’80 % del peso della cartilagine e i suoi componenti solidi sono il collagene, i condrociti, i proteoglicani e le proteine non collagene. Il collagene costituisce il 10% del peso della cartilagine e ne determina la forza e la forma. I proteoglicani garantiscono invece la resistenza alla compressione. La cartilagine ha scarsa possibilità di guarire una volta lesionata, perché purtroppo è priva di apporto vascolare, linfatico e nervoso. La fonte principale di nutrimento della cartilagine è infatti il liquido sinoviale dell’articolazione.
Quattro gradi di lesione
Quando la cartilagine articolare è sottoposta a forze di taglio, la sua componente solida è coinvolta nella risposta biomeccanica e va incontro a usura. Lo stress subito dalla cartilagine si trasmette così sino allo strato profondo e alla giunzione osso-cartilaginea, causando vere e proprie fessure. Queste lesioni sono la causa della degenerazione artrosica.
Classicamente i gradi delle lesioni della cartilagine articolare sono quattro:
- nel 1° la superficie articolare è tumefatta e morbida alla palpazione;
- nel 2° sono presenti solchi e fessure di dimensioni inferiori al centimetro;
- nel 3° si evidenziano solchi che misurano più di un cm di diametro che si approfondano sino all’osso sub condrale.
- nel 4° l’osso sub condrale è esposto.
La sensibilità della RMN per le lesioni cartilaginee è solo del 40% e le mette bene in evidenza solo quando sono già molto gravi.
Al riparo dai rischi
Molti triatleti pensano alla cartilagine usurata come a un problema oramai superato in ortopedia e credono erroneamente che le nuove tecniche chirurgiche artroscopiche siano in grado di riportarli a correre allo stesso livello precedente l’infortunio. Purtroppo non è affatto così. Se pensate a quanti differenti interventi vengono ancora effettuati per il trattamento della cartilagine, potete subito tirare le conclusioni che oggi non c’è ancora una via sicura. Senza entrare nel merito vi elenco gli interventi di condroplastica, condroabrasione, microfratture, mosaico plastica, trapianto cartilagineo secondo ACI, MACI, AMIC, infiltrazioni con acido ialuronico, fattori di crescita, (PRP) e cellule mesenchimali. Ci sono molte speranze e tante promettenti ricerche in corso, ma siamo ancora lontani dall’aver risolto il problema.
Il mio consiglio, quindi, è quello di preservare le vostre cartilagini, evitare quando possibile gli interventi chirurgici e, quando indicato, effettuare le infiltrazioni con acido ialuronico per le sue qualità di supplemento viscoso, riparatore tissutale, antiossidante e condroprotettore.
Una volta operata, la cartilagine non sarà più in grado di sopportare come prima le sollecitazioni create dalla corsa di resistenza. Perciò se volete correre tanto e per tanti anni, considerate l’opzione chirurgica come ultima tra le possibilità terapeutiche.
Cartilagine del ginocchio. E i menischi?
I menischi proteggono la cartilagine del ginocchio. La perdita di un menisco favorisce l’instaurarsi nel tempo di gravi danni alla cartilagine, soprattutto se il ginocchio è varo o valgo.
Particolarmente seria è la rottura del menisco esterno per il futuro del ginocchio. Anche se oggi l’intervento selettivo effettuato in artroscopia risparmia gran parte del menisco, è sempre auspicabile correre con i menischi anche degenerati e attendere l’evoluzione del quadro clinico piuttosto di decidere prematuramente per l’intervento. Se il ginocchio non fa male, dopo una attenta valutazione clinica e radiologica, è possibile evitare l’intervento, anche con un menisco degenerato. Il primo approccio terapeutico sono quindi sicuramente le infiltrazioni con acido ialuronico, di peso molecolare diverso a seconda del problema; in seconda battuta, PRP e mesenchimali. Ma la revisione del programma di allenamento è altrettanto importante. La corsa è quella che più compromette le condizioni del ginocchio fra le tre discipline e quindi dovrete tenerne conto nel programmare le sedute di allenamento