Spazio Aperto: Il mio primo Ironman

Spazio Aperto: Il mio primo Ironman

28 Gennaio, 2016

Sono Mario Binda, un quarantunenne di Cattolica. Queste le mie emozioni

Austria, ore 3.40 la sveglia. La mia colazione è già pronta: pasta kamut, piselli, grana e olio. Mangio e porto fuori Brando, il mio staffy. Anche lui dovrà superare una grande prova: almeno 16 ore senza essere portato fuori. Mi vesto, rileggo per l’ennesima volta l’elenco delle cose da non dimenticare, prendo la borsa e parto per il bike park. L’aria è elettrica ma tutto sommato sono sereno e, messa la muta, vado verso la partenza del nuoto. Regolare, bracciate lenti e costanti, cerco di rilassarmi e di sprecare il meno possibile. La prima boa non arriva mai ma non ho paura, di tutte le gare, non so perché, questa è la prima volta che sono sicuro di uscire. Ultimo km, nel canale finale; troppa calca, tutti attaccati, volano bracciate e pedate, donne e uomini non conta nulla, ognuno cerca di conquistare il proprio spazio… e finalmente finisco la prima frazione. Procedo camminando e vado verso il mio “cavallo”. “Ora siete a casa mia”, mi ripeto nella mente e parto a tutta, mai sotto i 37 km/h, sui falsipiani anche 45 e in discesa ho toccato i 65. Vado forte. La gente è in festa, tantissime persone urlano il mio nome, incredibile! Chiudo il primo giro di 90 km e nel secondo calo un po’ di tono per preservarmi per la maratona. Scendo dalla bici con gambe doloranti ma so che sono dolori che passano dopo poco.

Keep calm

Mi cambio con molta calma, ci metto 10’, parto, e vorrei correre a 6’ al km ma il mio Garmin mi avvisa che sono sui 5’30”… le gambe vanno da sole. La mia paura è che mi vengano i crampi. Rallento. Non ho crisi, mai, la fatica rimane più o meno costante. Dopo 16 km vedo i miei amici, Loris e Marco, in piazza, e mi danno una bella iniezione di fiducia. Mi urlano «forza» e io «Non mollo nemmeno se mi sparano!». E sarà così… que- A sta finish line l’ho sognata per tanto tempo, nonostante i tanti infortuni che hanno rallentato la preparazione, e il lavoro e la famiglia da portare avanti. Il gioco è stato davvero duro. Però ho due cose: resistenza e tanta tanta grinta, le armi giuste. Proseguo al mio ritmo, calo un pochino; alcuni si fermano, altri camminano, altri ancora vomitano, il pubblico incita. Per me ormai non esiste più nessuno, io questa corsa la devo finire, nessuno potrà fermarmi. Sogno a occhi aperti il cartello dei 40. Eccolo! Procedo, curve e controcurve, sento lo speaker che urla vari nomi, imbocco il passaggio con le transenne e do il 5 a tutti, sono in adrenalina pura. Giro e finalmente arrivo alle tribune gremite e al mitico tappeto rosso! Salto, urlo e vedo Loris e Marco che sono contenti e commossi quanto me… brividi! La ragazza è pronta con la medaglia e inizia a dire «Mario, you are…», ma io l’abbraccio e la stringo così forte che non riesce nemmeno a finire la frase. Gioia immensa, pensavo sarebbe stato magnifico, ma non così tanto. Traguardata la linea dell’arrivo, da energia pura mi sono ritrovato steso per terra senza più nulla da dare, finito. Ho impegnato tutto di me, è stato un risultato fantastico, un viaggio verso questa meta lungo 6 mesi e pieno di emozioni, stati d’animo diversi e contrastanti. Se si è motivati, si può riuscire in ogni cosa ma… bisogna andarsela a prendere da soli.
P.s.: Anche Brando è riuscito nella sua… impresa. Grande!

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