Spazio Aperto: Klagenfurt , il mio primo IM

Spazio Aperto: Klagenfurt , il mio primo IM

26 Febbraio, 2015

Eccoci, sembrava lontanissimo eppure è arrivato, è già passato un anno da quando mi sono iscritto. Ormai quello che è fatto è fatto, allenamenti, sensazioni, preparazione bike viaggiano con me e Simona sul camper che ci sta portando a Klagenfurt. All’arrivo ci sistemiamo nel bellissimo e funzionale campeggio in riva al lago, a 100 m da dove partirà la frazione nuoto. Ad aspettarci c’è il nostro compagno, mio omonimo e quasi coetaneo, Marco Pappadà. L’aria che si respira è quella dei grandi eventi e l’organizzazione è degna di una tappa del Tour de France, se non migliore.

Magia dei numeri  

Ritiro il pettorale e Simona nota un intreccio misterioso tra numero di gara, numero di piazzola e date di nascita, aggiungendo poi che il giorno della gara sarà il nostro anniversario di matrimonio! Questo mio primo IM si carica di significati che vanno oltre la gara.
Nel campeggio si aggirano personaggi del calibro di Faris Al-Sultan e tanti altri campioni alle prese con i preparativi, vengono allestite delle vere officine per le ultime riparazioni volanti. In un lampo arriva la sera prima della gara che ricorda un po’ tutte le notti prima di esami importanti. Subito dopo cena inizia il coprifuoco, già alle 21 circa spariscono tutti e anche la band che di solito fa musica dal vivo decide di essere caritatevole e rimane in silenzio.
Alle 4 di mattina inizia il concerto delle sveglie, partono la serie di operazioni che portano alla partenza in un attimo. Io e Marco ci infiliamo la muta già in campeggio e attraversiamo la strada per raggiungere la spiaggia da dove partiremo alle 7 in punto. Qui anche se tutti fanno finta di niente la tensione che si percepisce è alle stelle.

Finalmente il via

Sembriamo migliaia di spermatozoi impazziti che devono raggiungere la loro meta, di botte se ne prendono ma meno di quello che pensavo, ho visto però gente nuotare solo a rana e alcuni addirittura a dorso. Io nonostante i timori iniziali riesco a nuotare rilassato al mio passo, sempre in scia di qualcuno e quando imbocco il canale riesco addirittura ad aumentare leggermente l’andatura. Speravo in una lieve corrente del canale che spinge e invece niente sconti.

Esco dall’acqua e, sembra impossibile, ma dietro di me ci sono ancora un migliaio di persone. Il percorso per arrivare all’area cambio è molto lungo, con la coda dell’occhio vedo Simona in mezzo alla folla che mi carica parecchio, nel tendone litigo con il top che non vuole infilarsi sul corpo bagnato e mi fa perdere parecchio tempo.
Finalmente inizia la frazione bike e qui mi sento “a casa”, mi impongo di non strafare, specialmente appena partito. Riesco anche a guardarmi un po’ in giro, il posto è molto bello. Per tutti i 180 km della frazione sorpasso, leggo i pettorali e mi rendo conto di quante nazionalità ci siano, addirittura dal Giappone e dalla Malesia per non parlare di australiani, canadesi, russi, israeliani ecc.
Le salite vere sono poche e corte, anche se in alcuni tratti abbastanza dure, e poi una serie infinita di falsipiani, oggi ci si mette anche il vento e qualche temporale che fanno rallentare un pochino l’andatura. Arrivo al giro di boa dove c’è un tifo veramente da stadio, vedo ancora Simona che mi incoraggia e ne ho bisogno perché mi aspettano ancora 90 km, con l’aggravante della pioggia.

Il tempo scorre 

Il tempo comunque scorre fluido e anche questa frazione finisce, sarò circa 850° nella bici, recuperato circa 1.100 posizioni rispetto al nuoto. Dopo una corsa interminabile spingendo la bici, mi infilo le scarpe e parto per l’ultimo sforzo, 42.195 m! Roba da niente… Dopo i primi 5/6 km capisco subito che difficilmente riuscirò a tenere il passo che mi ero prefissato. Dopo la mezza mi viene un dolore al ginocchio che mi costringe a ridurre ancora di più la velocità. Continuo a mangiare e bere coca cola a ogni punto di ristoro; a un certo punto lo stomaco non ne può più dei gel e riesco a mangiare solo banane e frutta varia. Per fortuna che c’è sempre Simona che mi sostiene. A 5 km dall’arrivo intravedo all’orizzonte la schiena di Marco, cerco di aumentare il passo, non tanto per superarlo ma perché sarebbe bellissimo tagliare il traguardo insieme dopo 11 ore di gara. Il ginocchio destro però non è d’accordo e mi fa capire che se voglio arrivare senza dover camminare devo fare come dice lui, quindi mi tocca rallentare di nuovo, pazienza.

Ultimo km 

A un certo punto è arrivato il cartello dell’ultimo km, che a me è sembrato non finisse mai, e nell’entrare nel viale delle tribune sono stato assalito da una valanga di emozioni incredibili.
E’ fatta!!! Obiettivo raggiunto, finito in modo dignitoso, senza camminare. Qui tutti quelli che arrivano vengono trattati come se fossero dei protagonisti, mi si avvicina uno che mi dice la mitica frase “Marco, you are an Ironman” e lo dice così bene che sembra impossibile che lo abbia già detto ad altri 1.100 triatleti prima di me.
Pensavo di arrivare strisciando, invece ho ancora abbastanza energie per correre al bancone delle birre dove mi scolo una media chiara che mi rimette in vita. Una ragazza mi mette addosso una coperta termica e poco più il la intravedo Marco Pappadà avvolto anche lui da una coperta, è arrivato da 5 minuti ma stenta a riprendersi. Sembriamo due profughi siriani, ma con la medaglia di finisher al collo. Poi vedo Simona e l’emozione tocca livelli altissimi, dedico a lei questa giornata di fatica e soddisfazioni. Pappadà invece sembra una di quelle donne che dopo un parto doloroso maledicono tutti quelli che stanno intorno. Io so comunque che il virus ha contagiato anche lui, è solo una questione di tempo per metabolizzare.

In campeggio 

Al rientro in campeggio possiamo finalmente goderci il meritato e bellissimo dopo-gara, Simona mi dice una cosa che ogni triatleta vorrebbe sentirsi dire “E’ stata un’esperienza bellissima, dai, iscrivetevi ancora il prossimo anno!”. che dire? Cerco subito un notaio nel campeggio per redigere un atto ma mi devo accontentare della testimonianza di Marco e di sua moglie Grazia.

The day after

Il giorno dopo Klagenfurt è invasa da un esercito di walking dead men che si trascinano, alcuni zoppicando, altri con i piedi incerottati, la cerimonia di chiusura è la ciliegina che mancava per rendere questa esperienza indimenticabile, bello vedere il primo arrivato premiare l’ultimo, arrivato dopo 17 ore con il buio pesto sotto un diluvio torrenziale. lasciamo Klagenfurt con la consapevolezza che ci torneremo di sicuro, adesso è ora di pensare a nuove mete e a nuove sfide.

 

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